sabato 6 settembre 2008

MAMMA AFRICA di Melissa Fay Greene


Un giorno arrivarono due fratellini, tenuti per mano da una donna che si presentò come loro zia. "Potete prenderli, Waizero? Mia sorella è morta". "Non c'è nessuno che possa prendersi cura di loro? Guardate questo posto sono sopraffatta." "No, signora." rispose la donna, abbassando gli occhi. I bambini guardarono la zia sbigottiti...

Il più piccolo dei due fratelli, Teshome, cominciò a piangere. "Hanno fame" bisbigliò la donna. "Oh, per amor di Dio" si arrese Haregewoin. "Andate, è proprio ora di pranzo". A testa bassa, con passo pesante, i bambini si allontanarono dalla zia, trascinando i piedi nella polvere. "Non volete salutare la zia?" chiese Haregewoin. "No!" gridò il più grande, Tesfaye, con voce strozzata. Non si voltò neppure indietro. "Si!"disse il più piccolo, Teshome, e corse a nascondere il viso nella gonna della zia. Cominciò a singhiozzare. "Vedrai ancora la zia" lo consolò dolcemente Haregewoin, sperando di strappare alla zia una consolante promessa. Tuttavia, sebbene la donna tenesse la testa bassa, le sue dita erano impegnate alacremente a cercare di staccare le dita del bambino dalla sua gonna.

I fratelli rimasero inconsolabili per lungo tempo. Teshome rimase accanto al cancello per molte settimane, sperando che la zia ritornasse. Ogni volta che si sentiva bussare alla porta, un sorriso tremulo gli illuminava il volto; ben presto si spegneva. Tesfaye aveva sempre un'espressione cupa e arrabbiata, non si era fatto amici...scansò i tentativi materni di Haregewoin di avvicinarlo. Si curava solo di Teshome...non dava motivo di lamentela a nessuno; non si comportava male, ma era chiuso in se stesso da scomparire. Teshome riuscì a fare amicizia facilmente, ma il suo gelido fratello rimaneva di guardia.

Haregewoin non aveva più tempo per questo genere di cose. Se Tesfaye fosse stato il suo primo bambino...se fosse stato uno fra dieci bambini...Purtroppo aveva quaranta o cinquanta bambini, e non aveva tempo. Non poteva che prendere nota nella sua mente che si trattava di un caso difficile e di riferirlo all'AAI o all'AFAA, se una delle due agenzie avesse deciso di fare un tentativo con i fratellini.

E l'AAI lo fece, trovò loro una famiglia. Sarebbero passati diciotto mesi prima che il cupo Tesfaye rivelasse la verità alla sua madre adottiva in Oregon, prima che le rivelasse il segreto che gli era stato imposto di non rivelare mai: la donna che aveva lasciato i fratellini a casa di Haregewoin non era la loro zia. Era la madre.

Il padre era morto, raccontò un giorno Tesfaye alla sua nuova mamma dal sedile posteriore della station wagon di famiglia. Amaye (mamma) si era risposata; ma il nuovo marito, che prima di sposarla aveva finto di amare Tesfaye e Teshome, non li amava affatto. Aveva iniziato a picchiarli e non voleva dividere il suo cibo con loro; così la moglie aveva rinunciato a loro. "Ha scelto il suo nuovo marito invece di me e Teshome. Non la perdonerò mai."

Aveva pianto disperatamente nel raccontare la storia alla sua nuova madre, temendo che anche lei li abbandonasse. Lei rassicurò Tesfaye che aveva fatto bene a raccontarle tutto, che lui non aveva nessuna colpa e che lei non lo avrebbe mai lasciato.

Forse, pensò, tra quindici anni, quando capirà le privazioni economiche, la sottomissione delle donne agli uomini nel suo Paese, la disperazione derivante dalla povertà, il suo cuore si addolcirà nei confronti della madre. Forse in quel momento andrà a cercarla, e la perdonerà se sarà ancora in vita.

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