domenica 14 dicembre 2008

Perchè un TUC TUC




Come dicevo uno degli obiettivi di questo viaggio prevedeva la destinazione di circa 2500 euro raccolti con alcune iniziative in Italia.


Abbiamo voluto verificare con i nostri occhi quale poteva essere la necessità del momento e abbiamo fatto alcune considerazioni:

il sostentamento ai bimbi non manca, alcuni bambini sono "sponsorizzati", questo è il termine che usano loro per indicare il sostegno a distanza, è un termine che a me non piace, ma devo dire che rende l'idea, con i soldini che vengono inviati, diversi bimbi hanno assicurato cibo, cure mediche, e scuola. E poi ci sono gli amici di tutto il mondo che mandano piccoli aiuti. La costruzione del nuovo orfanotrofio prosegue, anche se ha subito dei rallentamenti, perchè il governo ha imposto che i bimbi vengano suddivisi nei dormitori, non solo per sesso, ma anche per età. Il refettorio è pronto, l'infermeria anche, un dormitorio è quasi finito, altri due sono in costruzione. Il progetto iniziale prevede una struttura che sia autonoma e che si possa autosostenere, per cui sono stati previsti anche la coltivazione di un orto e l'allevamento di alcuni animali. E devo dire che i responsabili del centro hanno lavorato molto bene: ci sono diverse mucche che producono latte sufficiente per il sostentamento dei bimbi e per la vendita ad un resort con cui è stato firmato un contratto di fornitura, mentre eravamo lì è anche nato un vitello. Stessa cosa per le galline, sono tante e producono tante uova. Nell'orto mi hanno mostrato con grande orgoglio piante di banano, mango, papaya, frutto della passione, ananas, e poi verdure come melanzane, peperoni, pomodori. La produzione è ancora minima, ma promette bene. E i ragazzi più grandi ci si dedicano con tanta dedizione.


Avevamo pensato di acquistare il materiale per l'arredamento e la stumentazione necessaria alla nuova infermeria, ma prima che i bimbi possano trasferirsi nella nuova struttura passerà ancora molto tempo e il rischio è che le cose acquistate si rovinino o vengano rubate prima che possano essere utilizzate. Allora osservando la vita di questa piccola comunità ci siamo resi conto di una cosa, su 85 bambini, ogni giorno almeno 4 o 5 devono essere accompagnati dal medico, perche ammalati e questo comporta la spesa di almeno 10 euro al giorno per il trasporto in ospedale. Così vale per tutti i piccoli spostamenti necessari e allora abbiamo pensato ad un TUC TUC.

E' un mezzo di trasporto molto utilizzato in quelle zone, è praticamente un Ape adibita al trasporto di persone, con consumi ridottissimi. Possedendone uno la comunità può abbattere la spesa necessaria ai trasporti in ospedale e può anche avere degli introiti, utilizzandolo come taxi a pagamento per chi ne ha bisogno nei dintorni.

Ci siamo messi alla ricerca di un modello usato, perchè nuovo era proprio fuori badget, ne abbiamo visionati molti, Piergiulio li ha provati tutti personalmente, ed è stato divertente vederlo sfrecciare sulle strade africane con questo mezzo, osservato da tutti perchè assolutamente fuori luogo: un Muzungo Driver!? Abbiamo contrattato con tutta Malindi e dintorni per riuscire ad avere il migliore al prezzo più basso.

Alla fine ce l'abbiamo fatta, ed è stata una grande festa.






Gli amici di "Lucignolo", ristoro sul lago di Martignano, hanno donato circa 650 euro; la mia mamma ha realizzato e venduto alcune creazioni di bigiotteria artigianale e il ricavato, 150 euro si è unito al gruzzolo; Riccardo e il suo papà si sono prodigati nella zona di Rovigo e grazie al Coro di Montepasubio, al Progetto Vista Toffoli, ai dipendenti BNL,Wind, Rce Foto, Martinelli. Wisp di Rovigo hanno raccolto il resto della somma.

lunedì 8 dicembre 2008

1 Moja, 2 Mbili, 3 Tatu...








Abbiamo preferito alloggiare in una casa privata, hanno scelto per noi una bella casa immersa in un meraviglioso giardino, è vicino al centro del paese, e volendo possiamo arrivare all'orfanotrofio anche a piedi. Siamo protetti da un altissimo muro di cinta, tante serrature con lucchetto e un guardiano notturno. D'altronde per i locali siamo turisti e quindi preda per chi ha fame. E' triste, ma è così. L'angelo della nostra casa sarà per quindici giorni la dolcissima Katrina, africana un pò atipica nel modo di pensare, sempre delicata e discreta, con a seguito i suoi due bellissimi bambini, Moses e Daniel.
Ci sistemiamo nelle camere, svuotiamo le valige e andiamo a cena in un ristorante locale, frequentato da Kenyoti e residenti.


Fa giorno presto, saranno state le cinque del mattino quando la luce intensa inonda la nostra stanza, non ci sono tapparelle alle finestre, in realtà non ci sono nemmeno i vetri, ma solo un 'inferriata, la zanzariera doppia e una tenda in tessuto con stampe tipiche. Per giorni alle sette di mattina ci svegliamo con grida ritmate che provengono da dietro il muro di cinta, sembra una preghiera, forse un rito animista, scopriamo poi che si tratta di un allenamento di Karate nella palestra a cento metri da casa. Ora, a me già fa strano che ci sia una palestra, figuriamoci se potevo pensare al Karate.

Il programma del nostro soggiorno prevede:
- stare con i bimbi più tempo possibile;
- capire quale sia il modo migliore per spendere i 2500 euro raccolti in Italia con varie iniziative;
- verificare lo stato dei lavori del nuovo orfanotrofio e farci fare un nuovo preventivo per ultimare i lavori dei dormitori;
- acquistare un terreno per un'attività futura.

I bimbi sono felici di rivederci, e ci assalgono al nostro arrivo, ognuno di loro vuole stringerci la mano, qui i baci si usano poco, e litigano fra loro per chi deve portare le nostre borse. Non puoi negarglielo, si offenderebbero e allora lasci che si carichino degli zaini anche se sono pesantissimi, gli affidi la fotocamera, pagata faticosamente a rate, anche se hanno solo tre anni e la trascineranno e sbatteranno sul tavolo. Questo è il loro Karibuni (benvenuti)

Sono sorpresi e molto divertiti nel sentirmi parlare kiswahili.

In kenya le scuole si fermano un mese ogni tre e novembre è mese di scuola. Troviamo solo i piccoli sotto i sei anni, gli altri sono a scuola, tornano dopo mezzogiorno per il pranzo e per le due tornano a lezione. Il cuoco e gli inservienti preparano il pranzo, ugali e verdure, le mamy accudiscono i neonati, alcune donne stendono tanti coloratissimi abiti ad usciugare sui lunghissimi fili che vanno da un capo all'altro del giardino, i piccoli fanno lezione come nei nostri asili, imparano a contare dai giochi, oggi il più bravo sarà chi raccoglie più foglie cadute e le mette nel secchio senza sbagliare il conteggio.


Il pranzo è pronto, i grandi pochi per volta tornano da scuola, naturalmente, (sembra di essere in un college inglese) ognuno di loro ci stringe la mano e si avvia a mangiare, i piccoli tolgono la divisa, si lavano, o almeno quella è l'intenzione e cominciano a saltellare sotto i fili di panni stesi troppo in alto per riuscire a tirar giù la loro maglia o il pantalone preferito. Fanno tenerezza, non chiedono aiuto ai grandi, ne tantomeno i grandi nei paraggi si preoccupano di aiutarli, si vede che sono abituati a doversela cavare da soli e allora girano e girano pensando a come possono arrivarci, chi usa un bastone, chi sale su una sedia, chi si fa sollevare da un compagno troppo piccolo e esile per riuscire nell'intento. Non resisto, li aiuto.

Piergilulio e Riccardo intanto, intrattengono quelli che aspettano il loro turno...




lunedì 24 novembre 2008

Eccomi di ritorno!

Siamo tornati da qualche giorno, il distacco è duro da mandare giù e avevamo bisogno di tempo per elaborarlo. Ma non c'è medicina per il Mal d'Africa se non quella di pensare già alla prossima volta.
Il viaggio di andata è stato lunghissimo, il costo del biglietto era stracciato, ma la partenza poteva essere rinviata anche all'ultimo momento e così è stato. Avevamo le valige pronte e ci hanno rinviato il volo a quattro giorni dopo rispetto al previsto. La tratta prevedeva Roma-Milano-Zanzibar-Mombasa. A Roma si è scatenato il diluvio proprio mentre l'aereo era in pista per il decollo, risultato: 2 ore di ritardo.


A Milano incontriamo il nostro amico e compagno di viaggio Riccardo e scopriamo che la partenza è rinviata di due ore perchè l'aeroporto di Zanzibar sarebbe rimasto chiuso per l'arrivo di una non meglio identificata Principessa. Lo scalo prevedeva inoltre la pulizia dell'aereo e il rifornimento di carburante.
Insomma, non è stato semplice, ma l'emozione ci ha aiutato a superare ogni contrarietà.
All'aeroporto di Mombasa ci aspetta il mitico Moffat con il suo Matatu solo per noi. Ci aspettano due ore di viaggio per arrivare a Watamu, le prime due in terra d'Africa.


Decidiamo che non ci importa di vedere la casa che ci ospiterà, non ci importa delle 16 ore di viaggio sulle spalle, non ci importa di farci una doccia per recuperare un po' di energia, è quasi il tramonto e desideriamo solo una cosa: rivedere i bimbi e ci facciamo portare direttamente all'orfanotrofio.
Loro non sanno del nostro arrivo, perciò alla vista del pulmino che entra nel cortile intonano il solito canto di benvenuto riservato ai turisti che decidono di fargli visita durante le proprie vacanze, ma appena apriamo lo sportello e usciamo il canto si trasforma in grida di gioia, ci riconoscono, urlano i nostri nomi, i più ci corrono incontro, qualcuno dall'emozione scoppia in un pianto che dice tutto.







Non abbiamo avuto il tempo di organizzare la consegna dei tanti regali portati dall'Italia, lo faremo con la giusta attenzione nei prossimi giorni, ma sento la necessità di ricambiare la calorosa accoglienza e allora improvviso la distribuzione della busta di rondelle di liquirizia comprate al volo in aereoporto, di quelle che si srotolano e dividino in due filamenti e loro ne sono entusiasti. Passiamo un paio d'ore in loro compagnia, godendone ogni minuto, constatando la crescita e i progressi di molti di loro.

Rachel, la bimba che un anno fa Riccardo trovò nella foresta e che a 4 mesi pesava circa 3 Kg oggi sta bene, ha messo su due belle guanciotte ed è una simpaticona.
Salimu, tre anni, l'anno scorso piangeva per ore buttato in terra e se ti avvicinavi ti si arrampicava addosso come una scimmietta e per nessun motivo potevi più lasciarlo, era chiuso e intrattabile. Oggi ama ancora tanto le coccole, ma è un bimbo diverso, più sereno, capace di giocare con i compagni e interagire con gli adulti.

Elle, dieci anni, che l'anno scorso viveva le sue giornate con in braccio costantemente il piccolo Salomon accudendolo come ne fosse la madre, oggi è una ragazzina giudiziosa, ma finalmente libera e contenta di vivere la sua età.
Qualcuno dei più grandi non è più nella struttura, ci dicono che alcuni familiari li hanno ripresi con loro, spero solo che non sia perchè ora sono in grado di lavorare.
Ci sono quattro o cinque nuovi piccolini sotto l'anno di età, stanno bene, e sono accuditi da tre meravigliose mamy.


Si è fatto tardi, monta il turno il guardiano notturno, vestito di nero, armato di torcia e arco con frecce; i bimbi hanno cenato e mentre i più grandi iniziano la lezione serale nel cortile davanti, i piccoli si intrattengono dietro la struttura principale; alcuni fanno i compiti, Mama Susan lucida le scarpe per chi domani andrà a scuola; in quattro o cinque, lavano i piatti e le stoviglie, alcuni chiacchierano seduti in cerchio, altri si intrattengono in giochi da cortile, palla avvelenata, campana, con tutte le varianti tipiche del luogo, i piccolissimi prendono le medicine, qualcuno si incammina solo verso il dormitorio e si addormenta vestito sul letto.
Non resta che fargli una carezza e abbassare le zanzariere.
Lala salama watoto! Tutaonana kesho!

...Continua...






domenica 26 ottobre 2008

Asante sana...


Se tutto va bene e ci confermano il volo, venerdì 31 Ottobre torniamo in Kenya. Saranno 15gg, molto intensi. Rivedremo tanti cari amici, grandi e piccoli, e a loro consegneremo il frutto della solidarietà di tanti amici italiani che hanno voluto contribuire.

E allora voglio ringraziare tutti, c'è chi ha donato soldi, chi abiti e scarpe, chi materiale scolastico, chi medicine, chi giocattoli e chi, non potendo altro, si è dato da fare parlandone.

Prometto che documenterò quanto più possibile la gioia dei bimbi e delle persone che riceveranno quanto da voi donato, nel frattempo... Asante sana...a... i clienti e gli amici del chiosco "Lucignolo"del Lago di Martignano, a Terry e le sue creazioni, a MaxB per la realizzazione del piccolo progetto, a MaxP e Anto per il loro prodigarsi, a Gianni, Sara e Luca, a Rosa e la sua amica, a Claudia, a MaxM,Rosy e Damiano, a Uma, Dama e Nitai, a Maurizio, a Matteo e famiglia, a Mirko, Elvira e figli, a AndreaG e famiglia, a Giovannino, a Gianni, a Paolo, a Fabrizio, a Carla, Elio e Stefano che si occuperanno della nostra figlia pelosa durante la nostra assenza, a zia Angelina, a Mara ...a tutti voi!

venerdì 3 ottobre 2008

Non vi chiamerò sporchi bianchi




Articolo su "Panorama".


Viene dal Ghana e spiega ai giovani quanto faccia male la droga. Per questo un gruppo di spacciatori ha cercato di ammazzarlo di botte. Ma lui non si arrende.

...le dita ossute sfiorano la testa: "Mi fa ancora male" spiega. Eddy è nato in Ghana, ha 63 anni e l'8 luglio scorso è stato pestato a sangue da una banda di spacciatori. Il motivo? Odia la droga e non fa che ripeterlo. A chiunque. Così si è guadagnato l'odio dei balordi che gli hanno rotto in testa una mazza da baseball e hanno tentato di conficcargliene un moncone nella testa. Uno dei responsabili è stato arrestato. "Adesso va meglio, sono stato un pò in Ghana, mia moglie è preoccupata, non voleva che tornassi. In Italia però non sono tutti delinquenti e sono andato via di nascosto; ho provato a telefonarle, ma non vuole parlarmi. Le donne sono fatte così.
Racconta che alcuni delinquenti lo hanno preso di mira perchè nella pausa pranzo andava ai giardini e chiacchierava con anziani e ragazzi che uscivano da scuola. E se capitava di parlare di droga, gli diceva di lasciar perdere perchè "la droga vi rovina". Li metteva in guardia e ne ha aiutati tanti ad uscirne solo parlando con loro. E agli spacciatori questo suo parlare non andava bene, hanno cercato di scacciarlo, lo chiamavano sporco negro e alla fine lo hanno punito.
Ma lui non demorde, è tornato e ha dato di nuovo fiducia agli italiani.....




martedì 30 settembre 2008

30 Settembre 1995 e poi...

Siamo diversi io e te, così diversi, ma così complementari.
Siamo acqua e fuoco, ragione e istinto, tenacia e coraggio...
con il tempo abbiamo smussato gli angoli e trovato gli incastri giusti.
Ed io non avrei potuto desiderare di più...
ora, come tredici anni fa, siamo pronti per una nuova avventura, come sempre ognuno di noi due farà un pò a modo suo, ma sapremo fare tesoro dell'apporto di ciascuno e sono certa ci stringeremo forte al traguardo.




...A te che sei, semplicemente sei
Sostanza dei giorni miei, sostanza dei sogni miei
A te che sei il mio grande amore, ed il mio amore grande
A te che hai preso la mia vita e ne hai fatto molto di più
A te che hai dato senso al tempo senza misurarlo
A te che sei il mio amore grande ed il mio grande amore
A te ...... a noi!!!

sabato 6 settembre 2008

MAMMA AFRICA di Melissa Fay Greene


Un giorno arrivarono due fratellini, tenuti per mano da una donna che si presentò come loro zia. "Potete prenderli, Waizero? Mia sorella è morta". "Non c'è nessuno che possa prendersi cura di loro? Guardate questo posto sono sopraffatta." "No, signora." rispose la donna, abbassando gli occhi. I bambini guardarono la zia sbigottiti...

Il più piccolo dei due fratelli, Teshome, cominciò a piangere. "Hanno fame" bisbigliò la donna. "Oh, per amor di Dio" si arrese Haregewoin. "Andate, è proprio ora di pranzo". A testa bassa, con passo pesante, i bambini si allontanarono dalla zia, trascinando i piedi nella polvere. "Non volete salutare la zia?" chiese Haregewoin. "No!" gridò il più grande, Tesfaye, con voce strozzata. Non si voltò neppure indietro. "Si!"disse il più piccolo, Teshome, e corse a nascondere il viso nella gonna della zia. Cominciò a singhiozzare. "Vedrai ancora la zia" lo consolò dolcemente Haregewoin, sperando di strappare alla zia una consolante promessa. Tuttavia, sebbene la donna tenesse la testa bassa, le sue dita erano impegnate alacremente a cercare di staccare le dita del bambino dalla sua gonna.

I fratelli rimasero inconsolabili per lungo tempo. Teshome rimase accanto al cancello per molte settimane, sperando che la zia ritornasse. Ogni volta che si sentiva bussare alla porta, un sorriso tremulo gli illuminava il volto; ben presto si spegneva. Tesfaye aveva sempre un'espressione cupa e arrabbiata, non si era fatto amici...scansò i tentativi materni di Haregewoin di avvicinarlo. Si curava solo di Teshome...non dava motivo di lamentela a nessuno; non si comportava male, ma era chiuso in se stesso da scomparire. Teshome riuscì a fare amicizia facilmente, ma il suo gelido fratello rimaneva di guardia.

Haregewoin non aveva più tempo per questo genere di cose. Se Tesfaye fosse stato il suo primo bambino...se fosse stato uno fra dieci bambini...Purtroppo aveva quaranta o cinquanta bambini, e non aveva tempo. Non poteva che prendere nota nella sua mente che si trattava di un caso difficile e di riferirlo all'AAI o all'AFAA, se una delle due agenzie avesse deciso di fare un tentativo con i fratellini.

E l'AAI lo fece, trovò loro una famiglia. Sarebbero passati diciotto mesi prima che il cupo Tesfaye rivelasse la verità alla sua madre adottiva in Oregon, prima che le rivelasse il segreto che gli era stato imposto di non rivelare mai: la donna che aveva lasciato i fratellini a casa di Haregewoin non era la loro zia. Era la madre.

Il padre era morto, raccontò un giorno Tesfaye alla sua nuova mamma dal sedile posteriore della station wagon di famiglia. Amaye (mamma) si era risposata; ma il nuovo marito, che prima di sposarla aveva finto di amare Tesfaye e Teshome, non li amava affatto. Aveva iniziato a picchiarli e non voleva dividere il suo cibo con loro; così la moglie aveva rinunciato a loro. "Ha scelto il suo nuovo marito invece di me e Teshome. Non la perdonerò mai."

Aveva pianto disperatamente nel raccontare la storia alla sua nuova madre, temendo che anche lei li abbandonasse. Lei rassicurò Tesfaye che aveva fatto bene a raccontarle tutto, che lui non aveva nessuna colpa e che lei non lo avrebbe mai lasciato.

Forse, pensò, tra quindici anni, quando capirà le privazioni economiche, la sottomissione delle donne agli uomini nel suo Paese, la disperazione derivante dalla povertà, il suo cuore si addolcirà nei confronti della madre. Forse in quel momento andrà a cercarla, e la perdonerà se sarà ancora in vita.

mercoledì 3 settembre 2008

Al mio cioccolatino


Piccolo mio, ti scrivo qualche riga perchè un giorno la tua vita sarà molto diversa da quella che hai vissuto fin'ora, ma tu ora, non puoi ancora saperlo.

Io e il tuo papà ci ritroviamo spesso ad immaginarti con noi in mille situazioni diverse, ti stiamo piano piano facendo posto nella nostra vita e ci poniamo tante domande:

- quando andiamo da Nando, la trattoria in cui mangiamo da tanti anni, ci chiediamo quale sarà il tuo cibo preferito e ridiamo pensando al fatto che non divideremo più ogni piatto scelto, in due, ma in tre e il povero Nando diventerà ancora più matto.

E allora vorrei dirti che... potrai mangiare quello che vuoi, perchè non esiste solo polenta e verdura e non sarai costretto a fare le palline con la polenta pur di mandarla giù, e potrai mangiare pane e nutella, se vorrai, perchè i bimbi qui dove viviamo noi, non hanno solo the e biscotti per colazione e merenda. E potrai bere una Cocacola ogni tanto, e non sarà gialla, come vi fanno credere laggiù. E potrai far felice la tua bisnonna F. divorando i suoi ciambelloni e le sue fettuccine. E la sera scenderai con noi nella gelateria sotto casa e probabilmente oltre al gelato ci chiederai la monetina per il distributore di mostriciattoli, e tuo padre già dice che ne vorrà una anche lui.

- quando siamo al lago, dove ogni estate lavoriamo, ci chiediamo se ti piacerà trascorrere la giornata lì. Perchè sai amore mio, lo spazio per giocare non è solo un recinto di terra battuta, delimitato da siepi oltre il quale ora non puoi andare, ma esistono posti meravigliosi fatti di prati verdi su cui correre a perdifiato, colline da scalare, boschi da esplorare, montagne innevate da ammirare. E poi c'è il lago di Martignano che da tanti anni fa parte della nostra vita e sono certa diventerà il tuo giardino, tra giochi con la sabbia, bagni e tuffi nell'acqua, escursioni nel bosco, passeggiate a cavallo.

E allora vorrei dirti che... sarai libero di scegliere cosa vuoi fare, lì ci sono tante persone che ti aspettano per insegnarti tante cose e dedicarti in pò del loro tempo.

Lo zio M. ti prenderà un pò in giro quando farà finta di sbagliare il tuo nome, ma tu non farci caso, e non fare caso nemmeno a zia A., lei ti chiederà in continuazione se vuoi mangiare o bere qualcosa, anche se starai proprio in quel momento mangiando e bevendo.

Th. e Mi. ti insegneranno a suonare i jambe, ma se aspettiamo ancora prima di incontrarci, probabilmente sarai tu ad insegnare qualcosa a loro.

- quando siamo in giro per centri commerciali ci chiediamo se ti piacerà più la bicicletta o il monopattino, (lo skateboard no, tuo padre ci si è quasi rotto un braccio) o ancora il pallone da basket o quello da calcio...perchè amore mio, i giochi per i bimbi non sono solo uno scivolo e un'altalena e un pallone fatto di stracci o carta.

E allora vorrei dirti che... ne avrai tanti di giocattoli, probabilmente avrai la bicicletta con cui nonno G. ti porterà a fare grandi passeggiate e avrai il monopattino per sbucciarti il ginocchio nel giardino di nonna T. così che lei potrà curarti la ferita e coccolarti un po'. E avrai il sacco, i guantoni e i parastinchi con cui zio P. ti insegnerà la thaiboxe o la kickboxe, non ricordo mai quale sia esattamente, ma sicuro sarai tu ad insegnarmi le differenze e probabilmente avrai anche il pallone da basket con la rete piantata sul muro e sono certa che sarà lo zio E. , che è grande e forte, ad alzarti su su in alto per fare canestro. E avrai una scavatrice di quelle giganti con cui farai impazzire nonna C. smuovendo la terra del suo meraviglioso giardino e non mancherà certo un bel gioco da computer con cui "impallare" il computer di zio S.

- la sera in casa quando guardiamo la tv, io e il tuo papa ci diciamo che il divano non basterà per noi tre e la piccola Chicca e non potremo vedere più solo film di guerra e combattimenti come piacciono al tuo papà o storie mielose come piacciono alla tua mamma. Perchè in tv amore mio, non ci sono solo quei dieci cartoni animati triti e ritriti ,consumati dalle innumerevoli volte in cui li hai visti e che ormai saprai a memoria nella tua lingua.

E allora vorrei dirti che... potrai vedere la tv, con moderazione, potrai scegliere tra milioni di cassette in videoteca, un bel film animato o guardare un bel documentario sugli animali o ancora andare al cinema e vedere su uno schermo gigante che ti lascerà senza fiato una bella storia di amicizia, mentre mangi popcorn.

E quando è il momento di andare al letto, non dovrai lavarti con la brocca nel secchio, perchè qui l'acqua ce ne è in quantità, e senza sprecarne, potrai fare una doccia calda con bagnoschiuma profumato alla pesca o alla menta. E la tua mamma ti passerà la crema idratante sulla pelle e tu la metterai a me sulla schiena. E non dovrai dividere più il tuo letto con altri due o tre bambini come sei costretto a fare ora, avrai un lettino tutto per te, in una bella cameretta tutta tua e la sera ti leggeremo una storia per farti addormentare.

E se nei tuoi sogni, torneranno i ricordi di quello che stai vivendo ora, che ancora non ci conosciamo, non spaventarti, noi saremo nella stanza accanto pronti a lenire ogni tua sofferenza, a chiarire ogni tuo dubbio e a darti tanto tanto amore.

giovedì 14 agosto 2008

"Ndiyo, mimi ni mwanafunzi wa kiswahili"


Si, io studio il kiswahili.

E' stato amore al primo ascolto! La lingua swahili ha un suono così dolce e musicale che non puoi resistere al voler provare. Come dappertutto, la lingua racconta la cultura del popolo che la parla, ma nel caso del swahili questa trasfigurazione, è quasi palpabile e sorprendente. Probabilmente è così per la maggior parte delle lingue africane, proprio per la tradizione orale ancora così viva. E qui mi verrebbe voglia di parlare dei danni che fa la TV nella comunicazione familiare di noi wazungu (uomini bianchi), ma preferisco raccontare ciò che ho visto e sentito.

La lingua è un susseguirsi e ripetersi di sillabe e immagini, e le parole sono così vicine a ciò che rappresentano che quando ascolti una frase sembra di guardare un bel quadro.

In kiswahili, per esempio, esistono solo tre termini specifici per indicare i colori:

-ekundu (rosso); -eupe (bianco); -eusi (nero). Tutti gli altri colori si rendono con paragoni presi da elementi naturali: rangi ya samawati = il colore del cielo = celeste ; rangi ya kijani = il colore delle foglie = verde.

La prima cosa che insegnano a scuola, ed è così in tutte le lingue, sono i saluti.

Ma in swahili, i saluti rivestono un ruolo fondamentale in ogni incontro, nel senso che sono un rito a cui nessun parlante swahili rinuncia. In ogni conversazione c'è sempre un lunghissimo preliminare dedicato ad essi, e via con "Come stai? Come sta tua moglie, come stanno i bambini, come va il lavoro e ........... Solo dopo molti di questi convenevoli si può esternare la ragione dell'incontro. E tutto questo anche quando si va a fare la spesa al mercato.

Ma non vi sembra una cosa molto bella!?

Pensate se domani andate alla posta o in banca e l'impiegato fa così con ogni persona allo sportello.

AH! la proverbiale lentezza africana, la loro filosofia hakuna matata, polepole (non c'è problema, fai lentamente), ma niente niente vada di pari passo con la altrettanto proverbiale saggezza dei wazee (vecchi africani).

Il mio primo mwalimu (maestro) è stato Carciofo, il beach boy, che ci ha accompagnato in tante passeggiate e tra una stella marina, un pesce palla e qualche fotografia mi ha insegnato i rudimenti della lingua. Ancora oggi mi manda sms struggenti in cui dichiara che siamo i suoi amici italiani preferiti e che non vede l'ora di rivederci.

Poi i bimbi dell'Orfanotrofio a cui ho chiesto di insegnarmi a pronunciare e scrivere i numeri e a cui ho chiesto di scrivermi le parole della canzone "Jambo", colonna sonora di ogni turista in Kenya.

Poi ho capito che non volevo perdere una singola parola e su un piccolo diario ho cominciato ad annotare ogni termine e la sua traduzione e in questo mi ha aiutato il grande Papito, altro beach boy, forse più istruito, senz'altro grande conoscitore della lingua italiana. Con lui ho composto una lettera di addio, o meglio arrivederci, da leggere ai bimbi prima della mia partenza. Il silenzio attento dei bambini mentre la leggevo, la loro meraviglia nel vedere questa donna bianca che pronunciava parole nella loro lingua, e la commozione generatasi in quella sera mi strugge ancora il cuore.

Tornata a Roma ho iniziato a cercare una scuola di swahili. La ricerca non è stata facile, ma alla fine ho trovato l'associazione AMCA, che opera nella Repubblica Democratica del Congo, e che fa corsi per preparare i propri volontari.

Tre mesi di corso, 120,00 euro con la certezza che parte della somma versata finiva in Congo per la costruzione di un pozzo o per l'allattamento artificiale di bimbi figli di donne sieropositive... e ho ottenuto il diploma di 1° livello. E poi ancora tre mesi di corso, altri 120,00 euro e ho ottenuto il diploma di 2° livello.

La prima insegnante è stata Solange, una bella ragazza congolese, che dopo cinque anni di studio in Italia, a dicembre se ne è tornata al suo paese, per lavorare nell'attività familiare.

Il secondo maestro è stato Mbaga, piccolo uomo dal cuore grande e semplice, insegnante forse un pò improvvisato e un pò indolente, di quella indolenza tipica africana, che insegnava swahili traducendo spesso con inflessioni romanesche.

Ora ad ogni persona di colore che incontro chiedo se parla kiswahili e quando mi dice bene, dovreste vedere le loro facce o sentire le loro esternazioni di gioia, è un vero spasso.

Grazie ad Internet ho trovato un sacco di materiale con cui esercitarmi, scrivo sms e mail ai miei warafiki (amici) kenyoti, ma vorrei tanto avere qualcuno con cui parlarlo quotidianamente.

martedì 12 agosto 2008

CON L'AMORE DI UNA LEONESSA - La mia vita con un guerriero Samburu- Christina Hachfeld Tapukai




Come molti stranieri ero stata attratta dal Kenya e anch'io ero rimasta affascinata in modo inspiegabile dall'Africa. Nel mio cuore ardeva un fuoco sereno per questa parte di mondo tanto misteriosa e tutti i miei pensieri e le mie sensazioni erano pervasi da un indefinibile incantesimo a cui non potevo sottrarmi. Molti viaggiatori rimangono vittime del fascino di questo continente e del forte impulso a tornarci continuamente o addirittura a rimanerci. E' una forza quasi inquietante, che continua a esercitare un richiamo e a rendere irrequieti fino a quando non si riesce a tornare. Il continente nero cela in sé un profondo segreto. Qui è presente qualcosa che nessun'altra parte del mondo può rivendicare. La chiave è nell'Africa stessa. Forse non si tratta che dell'eterna ricerca dell'origine di ogni essere, del desiderio di avvicinarsi agli albori dell'umanità, per tornare al luogo in cui il cuore dell'uomo ha cominciato a battere; forse è il bisogno di scoprire un paradiso in cui potersi perdere, non un paradiso di opulenza, bensì di ciò che è puro e originario.


Ero e rimango profondamente convinta che in Africa ci sia qualcosa di unico e che, senza voler fare troppe supposizioni, il suo lato oscuro abbia il potere di esercitare una forte attrazione su ogni persona sensibile in grado di percepirlo.


L'Africa è un continente pieno di meraviglie, nel vero senso della parola!

sabato 9 agosto 2008

L'alba di una nuova vita


Abbiamo fatto un viaggio l'anno scorso, un viaggio che doveva essere di riposo, dopo più di un anno di lavoro intenso. Ma l'impatto con l'Africa è stato travolgente, come una tempesta improvvisa in piena estate o un pugno nello stomaco, perchè una volta lì, abbiamo voluto guardarci intorno e il miracolo è avvenuto. Abbiamo semplicemente aperto le braccia, teso le mani, regalato sorrisi e l'Africa ci ha accolto e donato, proprio nella sua semplicità, momenti di gioia pura. E abbiamo deciso di impegnarci per l'Africa, perchè questo ci fa stare bene, e dato che non abbiamo figli, ma ci piacerebbe tanto, adotteremo in Africa nostro figlio, lo renderemo cittadino del mondo, lo sosterremo secondo le sue inclinazioni, alimenteremo in lui l'amore per la sua terra, ce lo porteremo quanto più sarà nelle nostre possibilità, per restituirlo un giorno alla sua Africa, quando lui vorrà, ma nelle condizioni di poter fare davvero qualcosa per la sua gente.

venerdì 8 agosto 2008

MAMMA AFRICA di Melissa Fay Greene


Nell'estate del 2000 i bambini resi orfani dall'AIDS erano circa 12.000.000 solo nell'Africa Subsahariana



..." Chi avrebbe cresciuto dodici milioni di bambini? Chi avrebbe firmato dodici milioni di autorizzazioni per le gite scolastiche? Chi avrebbe preparato dodici milioni di pasti da portare a scuola? Chi avrebbe fatto il tifo a dodici milioni di partite di calcio? Chi avrebbe comprato dodici milioni di paia di scarpe che si illuminano quando si salta? Dodici milioni di zaini? Dodici milioni di spazzolini da denti? Chi avrebbe raccontato dodici milioni di storie al momento della nanna? Chi avrebbe preso dodici milioni di appuntamenti dal dentista? Chi avrebbe organizzato dodici milioni di feste di compleanno? Chi si sarebbe alzato, di notte, a calmare lo spavento di diciotto milioni di incubi?Chi avrebbe consolato dodici, quindici, diciotto milioni di bambini? Chi li avrebbe aiutati ad evitare una vita di servitù o prostituzione? Chi avrebbe trasmesso loro le tradizioni culturali, religiose, storiche, artigianali e professionali? Chi li avrebbe aiutati a crescere, a scegliere la persona giusta con cui vivere, a trovare un lavoro, a fare da genitori ai loro figli?Sembra proprio che la risposta sia : Nessuno. O molto pochi. Non ci sono abbastanza adulti.